L’espansione della Conca iniziò nel 1960, con l’inizio della costruzione, con il contributo dei lavoratori della TODT 3), di una nuova strada denominata via Valsugana, inizialmente pensata come circonvallazione sud della Città di Thiene. L’opera iniziava all’incrocio di via G. Marconi – Masere – S. Rocco e terminava all’intersezione con via dei Quartieri, vecchia strada che conduceva a Rozzampia e Montecchio Precalcino e girava attorno alle basse caséte denominate Mauthausen ai Prà dei Morti, dietro alla chiesetta di S. Rocco. Erano così chiamate perché così com’erano, basse, costruite con materiali di scarsa qualità e senza fondamenta, assomigliavano alle baracche dei campi di concentramento tedeschi. Nel 1946, subito dopo la guerra, servirono per dare un tetto alle famiglie bisognose della città. Erano composte da una cucina e da una camera da letto, mentre il gabinetto era all’esterno, in fondo all’orto. Sul davanti, vicinissimo al cancelletto d’entrata, passava la roggia Rozola. Molti dei nuclei famigliari erano numerosi: uno di questi era composto da tredici persone. Su un letto dormivano i genitori, su uno a tre piazze cinque figli, su un altro gli altri sei. Per raggiungere le abitazioni bisognava guadare la roggia saltando da un sasso all’altro. Solo nel 1950 è stato costruito un ponticello pedonale in legno. Durante la costruzione della nuova strada e del ponte che attraversa la Rozola, i ragazzi che abitavano nelle caséte si divertivano a saltare da una parte all’altra. Purtroppo uno di loro è scivolato, si è procurato una profondo taglio ad una mano il cui uso è stato compromesso per sempre. Solo qualche anno dopo, la prima abitazione fu abbattuta e la strada raddrizzata un po’. In seguito alla demolizione di una seconda caséta effettuata dopo molto tempo la strada ha potuto essere completata. In quegli anni iniziarono ad essere costruite anche le prime abitazioni a sud della nuova strada e le nuove vie interne: S. Antonio, S. Paolo, S. Pietro, S. Girolamo. Una volta per entrare in quel terreno si doveva attraversare una passàja, sostituita nel tempo da un portone di legno intriso di catrame per ripararlo dalle intemperie: da qui il nome Portón Nero. L’intera area era delimitata da mura in sassi ed era proprietà delle sorelle Crovato, ricche possidenti thienesi, proprietarie di molti terreni sparsi in vari luoghi della provincia. Il terreno, dopo la lottizzazione, ancora privo di fognature e degli altri servizi, costava mille lire al metro quadrato. Le strade sono rimaste per molti anni da asfaltare, infangate e piene di buche; le signore, per recarsi in centro, si cambiavano le scarpe una volta arrivate sulla strada asfaltata. Le massaie, avendo a disposizione pochi mezzi di trasporto e per non cambiarsi d’abito, cercavano di andare il meno possibile in centro città e preferivano rivolgersi per qualsiasi bisogno al casolìn più vicino che era quello di Antonio Zanella in via S. Antonio. Lì trovavano di tutto, anche i farmaci come le cibalgine, le aspirine e al bisogno il signor Zanella faceva anche le iniezioni. Le colonne che erano poste ai lati dell’entrata ai terreni, sono state tolte, molti anni dopo, perché un giovane, che abitava in via S. Antonio, vi è andato a sbattere con la bicicletta subendo un grave trauma. Nel 1963 via Valsugana è stata aperta al traffico e nel 1970 è stata realizzata la sua naturale continuazione via Val Cismon fino a viale Europa. Il terreno è stato espropriato ai vari proprietari (che non erano d’accordo) Binotto, De Meda, Stenghele, Chemello, Balasso. Tutto il traffico da e per Bassano del Grappa che passava per il centro della Conca attraverso le vie S. Rocco, Chilesotti, S. Gaetano è stato deviato prima per le vie Valsugana, dei Quartieri, S. Gaetano e successivamente per le vie Valsugana, Val Cismon.

3) Erano operai senza lavoro o in cassa integrazione. La TODT era stata operativa durante la guerra, ma la sua denominazione venne mantenuta per qualche tempo anche dopo. Furono assunti vari giovani anche della Conca. Agli operai veniva dato il compito di lavorare singolarmente, a pico e baile, una determinata metratura di terreno al giorno, terminata l a quale erano liberi di tornare a casa. A mezzogiorno, degli addetti del Comune portavano loro, con un grande recipiente montato su ruote, la scomonica (minestrone o zuppa) preparata con le cucine economiche dell’Orfanatrofio di via Corradini. –

Questo articolo è tratto dal libro:

2014

La Conca racconta

Ricordi raccolti dalla viva voce dei concati© G. De FranceschiInfo ››