Come ogni quartiere che vanta origini lontane nel tempo, anche il nostro ha tradizioni particolari e belle da ricordare, magari con nostalgia…
Una volta all’anno i residenti della corte Fiaschi in via Chilesotti ospitavano un gruppo di circensi.
Si esibivano due o tre personaggi, come mangiatori di fuoco e giocolieri, attorno tutta la gente seduta per terra che si divertiva.
Alla fine degli anni ’40 un residente della corte, in cambio di poche lire, si è lasciato infilare un grosso ago da uno degli artisti alla gola. Dopo un po’ ha dovuto ricorrere alle cure ospedaliere perché si era sviluppata un’infezione.
In via delle Robinie, oltre il muro della proprietà della famiglia Binotto, all’angolo con via dei Quartieri, c’era la Posséta: un luogo di ritrovo dove la gente della Conca d’estate, seduta per terra, si riuniva a chiacchierare ed a prendere un po’ di aria fresca.
Era un avvallamento del terreno che serviva per far defluire le acque piovane.
Durante i mesi estivi, era consuetudine delle famiglie che abitavano in via De Muri e in via S. Rocco recarsi sul prato antistante alla chiesetta di San Roco. Lungo le due strade c’erano pochi spazi e quindi i bambini lì potevano correre e divertirsi (si ritrovavano fino a trenta o quaranta ragazzini). Le mamme, sedute sull’erba, conversavano.
Era consuetudine delle bambine che abitavano in via De Muri, quando passavano le operaie della Filanda Rossi che avevano terminato il loro turno di lavoro, cantare:
“le done dea filanda
le marcia in sòcoleti
sò pare coi sachéti
va par carità”.
Una bella usanza della gente che abitava lungo via De Muri era quella, nelle serate estive, di sedersi a chiacchierare lungo il marciapiede fra le due corti sul lato sinistro della via portandosi una sedia da casa, mentre i bambini giocavano in strada e spesso venivano redarguiti dalle suore del confinante Istituto Nordera perché con i loro schiamazzi disturbavano i ragazzi che erano già rientrati nelle camerate.
In via S. Rocco i ragazzi si divertivano, con degli specchietti, a disturbare le operaie del Bottonificio Facchinetti, riflettendo addosso ai loro occhi i raggi del sole.
Dal dopo guerra fino agli anni ’50 era tradizione, alle sette di sera, sotto il capitello posto sul muro dell’abitazione della famiglia Ferracina in fondo a via Chilesotti e il cui quadro raffigurava la Madonna con Gesù Bambino, recitare il rosario che abitualmente era condotto dalla signora Regina Portinara (Fabris, lavorava in portineria della Conceria Munarini) che usava una campanella per richiamare la gente del vicinato.
Nei primi anni ’80, una bella iniziativa che si è protratta per qualche tempo, è stata la festa dell’uva e della contrà organizzata in via S. Antonio con una lotteria, giochi ed intrattenimenti vari.
Una festa similare è stata fatta per alcuni anni anche all’interno del Villaggio Primavera in via dei Quartieri.
In contrà Rovere (via Dell’Eva), una bella tradizione che è si è protratta fino ai giorni nostri è il ritrovarsi per una mangiata, varie volte durante l’anno, di diversi amici d’infanzia che abitavano nella povera contrà negli anni del dopoguerra.
I ragazzi erano soliti andare a giocare all’interno della stazione ferroviaria sul piano (lo scivolo che serviva al carico ed allo scarico) o nei campi di corso Campagna.
A parte abbiamo scritto della bella tradizione della Canta dea Nina.